GIUSTIZIA PRIVATA

GIUSTIZIA PRIVATA
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Bopem, film della regista kazaka Zhanna Issabayeva questa sera in concorso Finestre sul Mondo, è la tragica storia di un adolescente orfano della madre sulla via della vendetta, un’immersione nel dramma di un ragazzo e di un’intera regione

 

Rayan, quattordicenne kazako, trascorre le sue giornate sul fondo sabbioso del prosciugato Mare d’Aral. Nel ricordo della madre scomparsa in un incidente davanti ai suoi occhi di bambino, costruisce uno spazio immaginario dove trova la serenità. La carcassa di una nave arrugginita è la sua casa e il suo terreno di conquista.
Un giorno, gli viene diagnosticato da un dottore della città un tumore al cervello, e una conseguente aspettativa di vita di un paio di mesi.
Di fronte alla notizia della morte imminente il ragazzo si chiude in silenzi di desolazione e comincia un percorso personale di violenza e vendetta.
Armato di coltello, fa visita al poliziotto che aveva investito la madre, uccidendolo, e nel salotto di casa, accoltella a morte il padre che aveva ricevuto dei soldi dall’assassino della madre, per ritirare la denuncia.
L’ultimo film di Zhanna Issabayeva - regista che spazia fra diversi generi e che aveva cominciato con pellicole drammatiche ma anche commedie e un musical- è un viaggio estremo che si addentra nelle tematiche dell’ingiustizia, della vendetta e della malattia. La regista ha dichiarato infatti di non avere troppa fiducia nelle istituzioni garanti, e che solo la vittima può stimare l’effettiva entità del danno e ipotizzare la punizione adeguata. Il giovane Rayan, vittima e testimone del suo dramma, è costretto a farsi giustizia da sé, e affrontare da solo il suo dolore e la sua dannazione.
Il tumore del ragazzo riflette la malattia e il dramma ecologico della desertificazione del Lago d’Aral, immane disastro sempre presente sullo sfondo, prosciugato in meno di cinquant’anni a causa dello sciocco e affatto lungimirante progetto sovietico di deviazione di due fiumi in Uzbekistan. L’intera regione, un tempo panorama florido di scambi commerciali di pesce e cotone, è sprofondata in poco tempo in uno stato di abbandono e penuria. Il Paese brucia e le immagini del telegiornale mostrano città in fiamme e scene di delitti riempiono le pagine di cronaca nera.
Il titolo del film, Bopem, richiama una famosa ninna nanna kazaka che risuona nel tragico finale, nel momento in cui Rayan in un ultimo gesto eroico issa la bandiera dell’URSS sulla lamiera della sua nave arenata. La filastrocca si rifà alla cultura nomade dell’Asia centrale e alla nostalgia verso il ricordo della madrepatria, del grembo materno. La madre era solita raccontare al piccolo Rayan (in kazako “colui che ha saziato la sua sete”) che la bandiera di una nave è la sua anima, il vento la scuote, il sole la brucia e il sale la fa seccare.
Essenziale, scarno di musiche e abbellimenti, il film della Issabayeva ci mostra una realtà lontanissima e sconosciuta, un territorio ai bordi della fantascienza, per una cinematografia kazaka che nel 2004 poteva vantare solamente dieci registi all’attivo.

 

Bopem di Zhanna Issabayeva, ven 8 aprile, ore 21.15, Spazio Oberdan
Il film sarà preceduto dal cortometraggio Un metier bien di Farid Bentoumi

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